Canyons e canali

 

Uno degli elementi più spettacolari della struttura superficiale di Marte è costituito da una regione di enormi canyons situati nella zona equatoriale. Queste strutture straordinarie sono larghe più di 200 km, hanno una lunghezza di oltre 5 000 km e una profondità che raggiunge i 6 km. Si ritiene che esse rappresentino una tappa fondamentale dell'evoluzione del pianeta, collegata con il sollevamento vulcanico dei Tharsis che si trovano immediatamente a ovest di questo sistema, chiamato Valles Marineris.

La sua origine è rimasta celata tino al giorno in cui le prime immagini riprese dal Mariner 9 non furono accessibili alla comunità degli studiosi.

I canyons sono formati da una serie principale di depressioni parallele delimitate da scoscese pareti che scendono a precipizio dagli orli degli altopiani circostanti. Raramente le pareti dei canyons sono lisce, mentre il più delle volte presentano ampie rientranze oppure un fitto intersecarsi di gole e burroni simili nell'aspetto al reticolato idrografico riscontrabile negli altopiani desertici dell'Ovest degli Stati Uniti. lì tondo dei canyons non presenta tracce di crateri e questo elemento può essere messo in relazione o con la presenza di processi erosivi o con la relativa giovinezza delle strutture. Quali furono gli eventi all'origine di questi canyons?

L'ipotesi più probabile è che il sistema si sia originato dal combinarsi di fenomeni di fratturazione superficiale, concomitanti o conseguenti al ritiro dei magmi sottostanti, seguiti dalla fusione del ghiaccio contenuto nel terreno che, a sua volta, ha rimosso parte del materiale dal tondo e dato luogo alle intricate forme del reticolo idrografico di questa zona al cui aspetto definitivo hanno poi concorso frane di crollo e colate di fango. Il meccanismo però di questo trasporto di masse enormi di roccia lascia aperti alcuni interrogativi che riguardano per esempio le modalità con cui poté venire asportato tutto l'insieme dei materiali presente all'origine in quest'area e, fatto ancor più importante, dove è finito tutto il materiale rimosso.

Ancor più dei canyons, uno dei risultati che maggiormente hanno caratterizzato questa fase dell'esplorazione di Marte, è stata la scoperta di sinuosi canali fluviali simili a quelli riscontrabili attualmente sulla Terra e formati dallo scorrere di acque in superficie. Si possono così osservare terrazze fluviali, isole a forma di goccia, ramificazioni intrecciate e banchi abbandonati dalla corrente. Il più grande di questi canali fluviali ha un'ampiezza di 200 km e una lunghezza di almeno i 700 km.

Alcuni dei canali maggiori sembrano avere origine nelle terre dell'altopiano settentrionale e scorrono verso nord nella regione di Crise in accordo con l'inclinazione regionale prevalente della superficie topografica. Questi canali ricordano per molti aspetti il risultato prodotto sulla Terra da eventi alluvionali episodici. Alcuni di essi potrebbero essere stati scavati dall'acqua proveniente dalla fusione del  e eruttivo oppure per impatto meteoritico.

Per altri canali però, come quelli degli altopiani delle regioni equatoriali, appare logico presupporre per l'acqua, in assenza di un possibile bacino di alimentazione, una sorgente meteorica intermittente, e cioè delle precipitazioni più o meno episodiche.

Per gli scienziati che reputano che attualmente l'acqua non può scorrere su Marte in grandi quantità in quanto la temperatura e la pressione sono globalmente troppo basse, queste caratteristiche rappresentano un rompicapo continuo. Anche se, infatti, queste forme di erosione si sono formate milioni di anni fa, in condizioni completamente diverse dalle attuali, rimane il grosso interrogativo sul meccanismo che consente a questi canali di apparire così dettagliati e freschi quando invece dovrebbero essere stati da tempo ricoperti dalla polvere e dalla sabbia sollevate nel corso delle tempeste.

Su Marte esiste poi un ulteriore tipo di canali, e cioè quelli lavici, associati a centri di attività vulcanica. Questi canali si dipartono ben definiti dalle pareti degli edifici vulcanici e si confondono lungo i pendii degli stessi, in modo quindi opposto a quanto avviene per i canali di erosione.  

 

 

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